lunedì 9 dicembre 2013

La Scolopendra gigante

La scolopendra appartiene al mondo degli artropodi e fa parte di quella categoria comunemente chiamata "centopiedi" e, più scientificamente parlando, chilopodi.
Tra le numerose specie di Scolopendra esistenti sicuramente desta curiosità, interesse, ed in alcune persone ribrezzo, la Scolopendra gigante (Scolopendra gigantea) che può essere lunga anche più di 30 cm, a differenza della "sorella" europea Scolopendra cingulata che al massimo raggiunge i 10-12 cm.


Ph by Tod Baker


Questo centopiedi gigante vive in Amazzonia ed in generale nella parte nord ed occidentale del Sud America ed ha raggiunto anche le isole di Trinidad e la Giamaica.
La scolopendra si nutre di invertebrati ma le notevoli dimensioni della scolopendra gigante le permettono di cacciare rane, topi e perfino pipistrelli e uccelli.

Morfologia
La scolopendra è caratterizzata da un corpo lungo, massiccio e leggermente appiattito. Il corpo è protetto da placche dure composte da chitina e collegate tra loro da membrane più flessibili che permettono un miglior movimento e rapidi cambi di direzione.
Questi animali sono soggetti a mute periodiche poiché il loro esoscheletro non cresce col crescere del corpo; le scolopendre possiedono diverse colorazioni che caratterizzano la specie e che variano tra un marrone scuro al giallo passando anche per il verde ed il blu. Il colore varia anche a seconda dell'età dell'organismo, in particolare tra individui adulti e giovani; quest'ultimi tendono al bianco-trasparente appena nati.
Possiamo dividere il corpo di una scolopendra in una testa ed un tronco.
La testa è caratterizzata da 4 occhi semplici presenti sui due lati e possiedono anche delle antenne filiformi.
Il tronco è caratterizzato da 21-23 segmenti, ciascuno di essi dotato di un paio di zampe adatte a muoversi velocemente fino a correre.
Questo movimento rapido permette loro di cacciare le prede ed afferrarle saldamente, attraverso le zampe, prima di ucciderle.
Le scolopendre, infatti, sono solite avvolgersi alla preda in modo tale da impedirne la fuga per poi utilizzare le forcipule per uccidere le prede.
Le forcipule non sono altro che il primo paio di zampe ripiegato, in modo tale da poter uscire sotto alla testa, e modificato al fine di iniettare il veleno attraverso gli uncini.

Il veleno di questo artropode contiene acetilcolina, istamina e serotonina ed è tossico per l'uomo dove può causare dolore intenso, nel luogo in cui è avvenuta l'iniezione, ma anche infiammazioni, febbre, debolezza ed abbondante sudorazione; ovviamente, i sintomi più importanti si verificano nelle specie più grandi di scolopendra come la S. gigantea tipica dell'Amazzonia.
Il veleno delle scolopendre viene usato nella medicina cinese come rimedio contro i reumatismi, calcoli e malattie dell'epidermide.


La cattura di un pipistrello

La scolopendra è in grado di predare anche pipistrelli e ne sono la prova filmati effettuati in grotte del Venezuela ed in Perù. Questo animale è in grado di arrampicarsi e rimanere appeso sul soffitto della grotta in attesa del passaggio di un pipistrello. Quanto questo giunge nei pressi del centopiedi, viene catturato con rapido scatto utilizzando le zampe come fossero tenaglie che permettono alla scolopendra di intrappolare ed immobilizzare l'animale; a questo punto, una iniezione di veleno conclude l'opera uccidendo l'animale che verrà in seguito mangiato.



Curiosità:

  •  La scolopendra, come la maggior parte degli artropodi depone uova, che protegge tra le zampe posteriori fino alla loro schiusa, creando così una specie di armatura.
  • Cura la propria prole, proteggendola sotto il proprio esoscheletro nei primi periodi di vita
  • Sono ottime arrampicatrici ed è stato notato, nei terrari di appassionati allevatori, che sono anche molto abili alla fuga utilizzando i più svariati metodi come, ad esempio, aderire ad una superficie liscia come ventosa per arrampicarcisi sopra.

mercoledì 20 novembre 2013

Calamari volanti

Forse dal titolo alcuni di voi penseranno che in questo post si parli di fantascienza, magari di qualche b-movie del tipo "calamari volanti contro Godzilla" ma invece vi parlerò di un qualcosa di reale e affascinante.

Agli inizi degli anni 2000 Silvia Maciá, una biologa marina, osservò un animale marino uscire dall'acqua per qualche secondo, sollevandosi di circa 2 metri. All'apparenza le sembrò un pesce volante ma in breve tempo si accorse di aver appena visto un calamaro "in volo".


Il calamaro venne identificato come appartenente alla specie Sepioteuthis sepioidea, era lungo circa 20 centimetri, e dotato di piccole pinne ondulate, che generalmente servono per controllare i movimenti in acqua. Questo calamaro è stato osservato da Maciá mentre eseguiva balzi fuori dall'acqua per oltre 10 metri di lunghezza e due in altezza. Durante il volo, inoltre, il calamaro distendeva pinne e tentacoli, come se stesse cercando di controllare la traiettoria di volo.

Dopo questo avvistamento uno studio più approfondito e la raccolta di dati incrociati con altri biologi marini ha permesso di identificare almeno 6 specie di calamari capaci di spingersi fuori dall'acqua in maniera attiva.
Si è anche notato che alcuni calamari si spingono fuori dall'acqua in maniera solitaria mentre altri lo fanno in gruppi numerosi.
La notizia fece il giro del mondo soprattutto dopo che il volo fu immortalato in Brasile dal fotografo Bob Hulse in crociera in quelle acque.

Calamari in volo, foto di bob Hulse. Brasile

Ma come mai i calamari compiono questi balzi fuori dall'acqua?
Gli esperti sono concordi nel ritenere questo volo come una tecnica di fuga e ciò sarebbe confermato da avvistamenti in natura come ad esempio quello di un branco di calamari che per fuggire ad un banco di tonni faceva lunghi voli (30 metri anche) fuori dall'acqua.

La foto che ha permesso lo studio sul volo dei calamari dell'università di Hokkaido

IL MECCANISMO DEL VOLO

Studi effettuati dall'Università di Hokkaido, pubblicati sulla rivista Marine Biology, hanno confermato che alcune specie di calamari oceanici, in particolare molluschi della famiglia Ommastrephidae, sono effettivamente in grado di spiccare il volo e planare per distanze relativamente lunghe e reagire "attivamente" durante la fase di volo e planata. L'università giapponese, per il suo studio, si è basata su una sequenza fotografica scattata nel pacifico nord occidentale che mette in luce come i calamari cambierebbero postura durante il volo ed in particolare a seconda della fase di volo.
Secondo gli studi, questi calamari utilizzerebbero il loro sistema di propulsione a getto, utilizzato in acqua per movimenti rapidi sia in fase di fuga sia in fase di predazione, per emergere dall'acqua anche per più di 2 metri d'altezza ed una trentina in lunghezza.
Sono state identificate, nello specifico, 4 fasi per passare dalla condizione di nuoto a quella di volo: lancio,spinta a getto, volo a planare e tuffo.
Mentre nuotano, i calamari si riempiono d'acqua che poi utilizzano per lanciarsi in aria espellendo un forte getto d'acqua dal corpo. Una volta lanciato da questa spinta a getto, il calamaro allarga le "pinne" ed i tentacoli a formare delle strutture simili a delle ali; i calamari hanno una membrana tra i tentacoli simile a quella dei piedi palmati delle anatre e ciò li aiuta a creare maggior attrito con l'aria e a consentire il volo planato.
Si è notato che i calamari possono planare ad  una velocità di 11,2 metri al secondo (Usain Bolt, vincitore della medaglia d'oro alle ultime olimpiadi, raggiunge i 10,31 metri al secondo).
Gli invertebrati restano in aria per circa 5 secondi coprendo più o meno 30 metri ad ogni volo.  
Mentre è in aria, il calamaro non si limita a planare passivamente, ma cambia posizione in base alla distanza dall'acqua e della fase del volo. Dopo aver planato sull'acqua, l'animale ripiega pinne e tentacoli per minimizzare l'impatto al momento di rituffarsi nell'oceano.
Come precedentemente detto, sembra che questo volo serva ai calamari per fuggire dai predatori marini; tuttavia ciò li espone ad un altro genere di predazione, quella degli uccelli marini.
Si pensa che il movimento rapido, ed il poco tempo che rimangono fuori dall'acqua sia comunque un ottimo compromesso che li rende, sì esposti agli uccelli marini ma per un tempo ristretto e quindi potenzialmente meno pericoloso rispetto alla normale fuga solo "via mare".



Fasi di volo dei "calamari volanti"

Link utili

http://www.ditadifulmine.net/2010/12/i-calamari-possono-volare.html#.UoxvcuInOWM

http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2013/02/25/news/il_mistero_dei_calamari_volanti-1527980/

http://en.wikipedia.org/wiki/Japanese_flying_squid

mercoledì 13 novembre 2013

Animali strani: Il "pichi ciego" (Chlamyphorus truncatus)

Forse non tutti conoscete questo particolare armadillo, il Clamidoforo troncato, conosciuto nel mondo scientifico come Chlamyphorus truncatus.
Questo curioso animaletto è un armadillo sudamericano, della famiglia dei Dasipopodi, conosciuto in Sud America col simpatico nome di pichi ciego




Vive nella zona centro-occidentale dell'Argentina e nella fascia desertica pre-Andina in quanto preferisce vivere nelle zone pianeggianti, aride e sabbiose o pietrose dove la vegetazione è rada.
Misura tra i 10 e i 20 cm. e possiede una piccola coda di pochi cm (solitamente non supera i 3 cm. ).

La testa, il ventre e parte dei fianchi sono coperti da una pelliccia morbida e sottile di colore biancastro; la coda è nuda, piatta e rigida e nella parte terminale somiglia ad un cucchiaio.
Gli occhi e le orecchie sono ridotti poiché vive soprattutto sotto terra; per questo, gli arti anteriori sono muniti di robusti artigli adatti allo scavo.
Sul dorso ha una corazza giallognola formata da 24 piastre cornee che cominciano dalla fronte e continuano fino alla parte posteriore del corpo il quale si tronca bruscamente (da qui il nome truncatus della specie) ed è protetta da uno scudo verticale. La corazza è solo blandamente saldata allo scheletro (zone di maggiore saldatura si trovano sulla testa e sui processi spinali).


È un animale fossore (come le talpe), ovvero vive in gallerie scavate grazie alle sue zampe posteriori e solo dopo il tramonto esce dalla sua tana alla ricerca di cibo.
Utilizza la sua coda per attaccarsi alle pareti della galleria che si costruisce ed utilizza il posteriore piatto e corazzato come una saracinesca naturale contro i predatori.
Si nutre di animali che trova scavando nelle gallerie come formiche e anellidi ma anche piccoli vegetali.


Mappa della distribuzione di Chlamyphorus truncatus (IUCN)

Come potete notare dalla foto, alcuni esemplari di questa specie sembrano rosa; ciò è dovuto alla forte capillarizzazione al di sotto della corazza che ne conferisce questo colore, soprattutto in giovane età.
Si hanno poche notizie sul reale rischio di estinzione o meno di questa specie poiché a causa delle sue abitudini sotterranee e notturne non è molto facile individuarne gli esemplari e le loro tane infatti, al momento, questa specie è classificata dalla IUCN come "data deficient" (carenza di dati) ma si pensa che sia a forte rischio di estinzione.
Per questo motivo è attivo in Argentina un gruppo di ricerca, cordinato direttamente dal presidente della IUCN/SSC, Mariella Superina (esperta di armadilli, formichieri e bradipi), per ottenere il maggior numero di informazioni su questo curioso e minuscolo animale.





Curiosità:
- Gli armadilli sono "parenti" di formichieri e Bradipi poiché appartengono tutti al super ordine degli  Xenarthra. Formichieri e bradipi sono considerati parenti stretti mentre possiamo considerare gli armadilli come dei "cugini" unici rappresentanti viventi dell'ordine dei "cingolati"(Cingulata).


- Gli antenati degli armadilli (e di formichieri e bradipi) si fanno risalire a circa 60 milioni d'anni fa (Terziario inferiore), appena dopo la fine dell'età dei dinosauri.
Nel corso del Cenozoico nel Sud America, che era separato dagli altri continenti, gli Xenartri si diversificarono in una grande quantità di forme e dimensioni molte delle quali sopravvissero fino a circa 10 mila anni fa (Pleistocene). Oggi sono rimaste poche forme di tutta quella grande biodiversità, e le possiamo considerare delle specie "relitte" che sono giunte fino a noi sopravvivendo a glaciazioni, cambiamenti climatici e predatori.

- Tra le specie estinte di sicuro interesse tra gli Xenartri troviamo sicuramente i bradipi terricoli giganti (Megatherium e Glossotherium), i corazzati Glyptodontidae, simili a tartarughe, e l'armadillo gigante (Pampatherium) che superava i 2 metri di lunghezza ed era incapace di appallottolarsi come il vivente armadillo gigante, Priodontes maximus 



Link Utili:

http://it.wikipedia.org/wiki/Chlamyphorus_truncatus

- http://maps.iucnredlist.org/map.html?id=4704

- https://www.sciencenews.org/article/pink-armadillos-ain%E2%80%99t-your-texas-critters




Avvistato in vietnam uno dei mammiferi più rari conosciuti

Uno dei mammiferi più rari e minacciati del mondo, Pseudoryx nghetinhensis, conosciuto anche col nome di Bue Vu Qang o Saola, è stato fotografato per la prima volta dopo 15 anni in Vietnam, sulle montagne al confine col Laos, nel mese di Settembre.
Questa è sicuramente una grande scoperta che ci da ancora speranza per il recupero di questa specie, molto rara, e per saperne di più sulle sue abitudini alimentari e sulla sua fisiologia e comportamento.



Pseudoryx nghetinhensis
L'ultimo avvistamento di questo grande e raro mammifero avvenne nel 1998 secondo il direttore della riserva naturale del Quang Nam, Dang Dinh Nguyen.
Il WWF, appena saputo di questo avvistamento, si è mobilitato e coadiuvato dalle guardie forestali locali ha eliminato le trappole che i bracconieri sono soliti costruire in quelle zone.
Infatti i bracconieri hanno la terribile abitudine di preparare trappole per cacciare Saola, Cervi, civette ed altri animali che sono considerati una prelibatezza per la gastronomia vietnamita e che non possono essere cacciati, soprattutto in questa zona, perché è riserva naturale per la conservazione della flora e fauna locale.
Non si conosce molto di questo animale a causa della sua rarità, dell'ambiente impervio in cui vive e della sua titubanza nei confronti dell'uomo;
Il WWF stima, nella migliore delle ipotesi, che ci siano ancora migliaia di esemplari di questo mammifero ma altre stime, molto più pessimistiche, parlano di pochi esemplari rimasti (poche decine) che si troverebbero lungo il confine tra Laos e Vietnam.

Una delle foto che hanno ripreso la presenza di un Saola nelle foreste al confine col Laos




















Descrizione (fonte Wikipedia)
Il Saola è alto circa 80-85 cm al garrese e pesa 90-95 kg. Il mantello è marrone scuro, con una striscia bianca che corre lungo il dorso. Le zampe sono di colore scuro con macchie bianche in prossimità degli zoccoli. Altre strisce bianche verticali si trovano sulle guance, sopra gli occhi, sul naso e sul mento. Ogni esemplare ha un paio di corna, leggermente curve all'indietro, che raggiungono il mezzo metro di lunghezza.

Stando a quanto riferito dalle popolazioni locali, i Saola si muovono in piccoli gruppi di 2-3 esemplari.
Sono erbivori che si nutrono di piccole piante frondose e di arbusti.



La specie è minacciata dal degrado del sua habitat naturale e, come precedentemente accennato, dal bracconaggio che utilizza metodi di caccia invasivi come trappole che catturano ogni cosa, senza alcuna distinzione.

Altri link alla notizia:
http://news.mongabay.com/2013/1112-hance-saola-vietnam.html?fbfnpg

http://www.theguardian.com/environment/2013/nov/13/saola-sighting-vietnam-rare-mammal

Per saperne di più:
http://www.natureworldnews.com/articles/4885/20131113/saola-asian-unicorn-caught-camera.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Pseudoryx_nghetinhensis

http://www.corriere.it/animali/10_marzo_22/saola-mammifero-raro-rischio-estinzione-vietnam_a3404946-358f-11df-bb49-00144f02aabe.shtml


lunedì 11 novembre 2013

Il Kamut e la disinformazione

Un classico esempio di come la grande distribuzione manipola informazioni al puro scopo d'invogliare la popolazione ad acquistare un certo prodotto la si può ritrovare sicuramente nel Kamut.

Il Kamut non è il nome di un grano particolare scoperto in condizioni "miracolose" ma è un marchio registrato, come se dicessimo Coca Cola ad esempio, di proprietà dell'azienda americana Kamut e fondata da un dottore in patologia vegetale.
Questo marchio registrato designa e delimita una particolare linea, mai ibridata ed incrociata e garantita da agricoltura biologica, di una varietà di grano della sottospecie Triticum (Triticum turgidum ssp. Turanicum), prodotto dall'azienda statunitense in questione.
Il nome generico con cui è chiamato il Kamut è Khorasan, nome che delinea la cultivar di questo grano; Il nome deriva dalla regione Iranica dove venne descritto per la prima volta nel 1921 e dove è attualmente coltivato ed utilizzato per l'alimentazione delle popolazioni locali.
Il Kamut contiene le medesime sostanze nutritive degli altri tipi di frumento ma in maggior quantità,  c
ome ogni frumento che non è stato sottoposto a procedimenti di miglioramento genetico o ad una pressione selettiva troppo spinta; possiede, ad esempio, un maggior apporto proteico e calorico.
La sua caratteristica di essere un frumento poco incrociato, e quindi "primitivo" lo rende più digeribile
 dalle persone che soffrono di lievi allergie ed intolleranze, comunque non riconducibili alla celiachia. Questa caratteristica, che spesso è passata per miracolosa e molto amplificata da chi fa marketing alimentare, è una caratteristica che si può dire dei farri e delle “antiche” varietà di frumento duro e tenero, dove per antiche si intendono varietà di frumento che sono state poco incrociate dagli agricoltori.
Se la sua coltivazione è biologica (come permette la sua rusticità e come, per i propri prodotti, assicura il protocollo del marchio Kamut), si può dire senz'altro che è un prodotto salutare, senza però scadere in esagerazioni né in forzature incoraggiate dalla moda e dal marketing del salutismo estremo.

A differenza di quanto parte dell'opinione pubblica creda, il Kamut ha potere allergenico simile al comune grano e non è assolutamente adatto ai celiaci poiché contiene glutine, anche in quantità maggiori rispetto ai comuni frumenti.

Come il Grano, il Kamut può essere utilizzato per la preparazione di pasta, prodotti da forno ecc ecc, e si presta a moltissime lavorazioni in cucina.

Il Kamut, inoltre, ci dovrebbe fare riflettere dal punto di vista ecologico in quanto, essendo un marchio registrato, è soggetto a leggi ed in questo caso l'utilizzo di questo frumento, nella sua versione registrata, è pressoché un utilizzo monopolistico con tutti i benefici ma soprattutto i limiti che un monopolio può avere.
Poco chiara inoltre è l'impronta ecologica di tale prodotto che è coltivato molto lontano da noi e viene trasportato (inquinando) in tutto il mondo.
A favore di un maggior rispetto del nostro pianeta sono dell'idea che sia molto meglio valorizzare ed utilizzare le varie cultivar di frumento che si trovano in Europa e, soprattutto, nel nostro bel paese in modo di parlare almeno una volta a ragion veduta del tanto conclamato "chilometro zero" tanto di moda. 
Altra pecca di questo marchio è sicuramente il prezzo del prodotto finito che, secondo alcune fonti, può arrivare a costare dall’80 al 200% in più di una pasta di comune grano duro biologico con conseguenze non molto positive sul portafoglio delle persone.

Ricapitolando, il Kamut non è altro che un marchio registrato alla pari di Nutella, Coca Cola, Barilla mentre la sua forma generica si chiama Khorasan, forma che presenterà delle differenza molto variabili rispetto al Kamut poiché quest'ultimo, per chiamarsi tale, deve avere determinate caratteristiche genetiche ed organolettiche nella propria varietà che vanno rispettate e che sono garantite dalla stessa azienda.
Pensare che il Kamut, o qualunque altro grano sia miracoloso è qualcosa di insensato e che nasce dal martellamento costante della grande distribuzione che per invogliarci a vendere un prodotto farebbe di tutto ( ne sono esempio molte trasmissioni pseudosalutiste che si vedono in televisione ogni giorno e ad ogni ora).
Il mio consiglio, per questo e qualunque altro prodotto, è informarsi e solo successivamente deciderne o meno l'acquisto.
Una persona ben informata è una persona consapevole ed autonoma che ha la possibilità di fare scelte in base alla sua etica ed in generale alle sue convinzioni. Ciò è sicuramente quello che rende veramente libero un consumatore.
Dubitiamo sempre, informiamoci e solo dopo acquistiamo; dobbiamo essere padroni delle nostre scelte.



Il grano Khorasan (Triticum turgidum ssp. Turanicum)
Link utili:

http://www.disinformazione.it/kamut.htm

http://www.greenme.it/mangiare/prodotti-biologici/9144-kamut-benefici-usi-miti-da-sfatare

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/05/20/che-ne-sai-tu-di-un-campo-di-kamut%C2%AE/


http://www.donnagnora.it/DonnanoniGnora.aspx

venerdì 8 novembre 2013

IL NARVALO




Il narvalo (Monodon monoceros) è un cetaceo che appartiene alla famiglia dei monodontidi.
Assomiglia molto al Beluga(suo parente) ed è ben riconoscibile da chiunque perché possiede un dente, avvitato che assomiglia al famoso corno dell'unicorno.
Gli adulti possiedono un solo paio di denti nella mascella superiore e solitamente nel maschio un dente fuoriesce dal labbro superiore e forma una zanna lunga circa 2.4-2.7 metri.

I narvali raggiungono la lunghezza di 4-5 metri (esclusa la zanna); la testa è arrotondata e non possiedono una vera e propria pinna dorsale ma una cresta irregolare di circa 5-10 cm di altezza.
I narvali adulti sono di un color bianco-grigiastro e a volte presentano macchie nere sul dorso. I giovani esemplari invece sono più scuri al contrario di quelli più anziani che tendono ad essere più bianchi.

Dove si trova?
L'areale tipico del Narvalo è il Mare Artico (Banchisa polare). Sono stati avvistati nei pressi del Polo Nord e a sud si sono visti fino a Capo Nord (Norvegia) e al Point Barrow (Alaska).
Raramente sono stati avvistati più a sud, talvolta arenati sulle coste del Regno Unito e dell'Olanda. La popolazione più numerosa di narvali vive nelle zone del Canada e della Groenlandia Nord-Occidentale. I narvalo preferisce stare nelle acque profonde e molto salate. Durante il periodo estivo per circa due mesi, si spostano verso le baie meridionali ed i fiordi dove trovano acque profonde e cibo abbondante; possono anche risalire fiumi.
In passato uno di essi è stato trovato a circa 1000 Km dalla foce del fiume Yukon (Alaska).

Areale del Narvalo, fonte Wikipedia
Secondo l' unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) il narvalo è "prossimo alla minaccia" ovvero non è ancora a rischio estinzione ma la tendenza è che lo può diventare nel prossimo futuro. Infatti, al momento, i narvali sono abbastanza comuni in quanto vivono in un ambiente difficilmente raggiungibile (regione artica).

Stile di vita
Solitamente vivono in piccoli gruppi che al massimo raggiungono i 30 individui; a volte questi gruppi si uniscono tra loro formando dei gruppi più numerosi, anche di migliaia unità, a volte distinti tra maschi e femmine altre volte invece sono gruppi misti.
Questo comportamento di raggrupparsi in gruppi più numerosi, che avviene nel periodo di migrazione verso le baie estive, è stato sicuramente vantaggioso dal punto di vista evolutivo, per favorire il rimescolamento genetico della specie ed evitare il più possibile l'insorgere di patologie dovute a malattie recessive che potrebbero diventare dominanti in piccole popolazioni formate da pochi individui isolati.
Sono abili nuotatori che, quando affiorano in superficie, respirano emettendo un fischio acuto e rimango a pelo dell'acqua qualche minuto per poi inabissarsi fino oltre i 1000 metri.

Alimentazione
I narvali si nutrono principalmente di seppie, calamari e crostacei che ingoiano interi.
La loro riproduzione non è conosciuta; sappiamo solo che la femmina partorisce uno o due piccoli per volta che misurano 1 metro- 1.5 metri e che il concepimento avviene attraverso il posizionamento in verticale dei due esemplari pronti per la riproduzione.


I narvali vengono normalmente predati dalle orche e raramente orsi polari. Alcune leggende degli eschimesi affermano che anche un tricheco può uccidere un narvalo ma non è mai stato possibile verificare ciò.
Gli Eschimesi e le altre popolazioni che abitano nei pressi del Mare Artico catturano narvali con reti e arpioni per utilizzare la loro carne, il grasso, la pelle e le zanne.


Funzione della zanna
La zanna del narvalo è un piccolo enigma poiché non si è certi della sua utilità.
 Alcuni ritengono che la zanna potesse essere usata come arma per attaccare altri narvali oppure per creare dei fori nei ghiacci per farli respirare oppure per arpionare il cibo.
Tuttavia, se questa zanna fosse utile per catturare cibo o produrre buchi per respirare sotto ai ghiacci dovrebbero possederla anche gli esemplari femmine che invece ne sono prive.
Si pensa che la zanna del narvalo sia una peculiarità legata al sesso, tipica dei maschi, paragonabili alle corna di un cervo, e quindi ad uso ornamentale e, forse, come segno di virilità dell'animale. Queste sono solo ipotesi perché non esistono ancora studi ne tanto meno prove sul reale utilizzo della zanna anche se si è notato che alcuni narvali si strofinano la zanna tra loro (forse per togliere le incrostazioni da balani) ed in altre occasioni sono stati ritrovati esemplari con zanna spezzata o che avevano uno di questi corni infilzati nel proprio corpo.
Al momento la teoria più accreditata è che sia un carattere sessuale secondario, senza una vera e propria utilità ma sono comunque tenute in considerazione anche la teoria delle lotte "tra rivali" e quella del corno come carattere distintivo di un maschio forte e quindi geneticamente più adatto alla riproduzione (proprio come avviene, ad esempio, per i cervi).
Recenti studi hanno evidenziato che il corno del narvalo è ricchissimo di recettori sensoriali che si collegano alla polpa del dente e da questa al cervello. Questa scoperta è stata molto importante in quanto evidenzia che attraverso il corno il narvalo può avere informazioni sulla salinità dell'acqua (alla quale è particolarmente sensibile), sulla temperatura e sulla pressione (molto importante in quanto è uno dei cetaceo che va molto in profondità).



Curiosità
- Le zanne del narvalo furono portate in Europa dai Vichinghi o da altre popolazioni siberiane. Alcuni storici credono che la ricchezza dell'Islanda in epoca vichinga fosse dovuta proprio al commercio di questo pregiato prodotto, richiesto in tutta Europa. (nella Basilica di San Marco a Venezia, per esempio, si conservano tre zanne di narvalo)
A quel tempo le zanne di narvalo erano commercializzate come avorio pregiato e famose per la presunta capacità di neutralizzare i veleni. Nel Medioevo, infatti, un bicchiere di zanna di narvalo era ritenuto un buon investimento per chiunque avesse molti nemici.

- Spesso la sua zanna veniva spacciata per il corno di un unicorno in epoca medioevale

- La pelle, chiamata, "nuktuk" in eschimese è considerata pregiata per farne cinghie in quanto resta elastica sia da bagnata che da gelata; inoltre, la si può mangiare cruda per il suo contenuto di vitamina C, della quale la normale dieta degli eschimesi è piuttosto carente.
- Il cranio di un narvalo maschio è asimmetrico a causa dello sviluppo enorme del dente che fuoriesce. Inoltre molto raramente i due denti si sviluppano in misura tale da costituire altrettante zanne e, ancora, in rari casi, si ha la loro presenza in esemplari di sesso femminile.

- Circa un terzo del loro peso è formato da grasso, ciò è utile per la loro sopravvivenza nel mare Artico.

- Il Canada e la Groenlandia cacciano i narvali per ottenere avorio e per la carne ed il grasso che formano dei piatti tipici come  il mattak (piatto a base di pelle congelata e grasso
 servite crude).






martedì 5 novembre 2013

Scoperto fossile di un ornitorinco gigante in Australia

Nel Queensland, Australia, è stato recentemente ritrovato un dente fossile di una specie estinta di ornitorinco gigante carnivoro, subito ribattezzato dagli scopritori "Ornitorincozilla".

Dai resti rivenuti si pensa che la creatura misurasse circa 1 metro e che fosse vissuta circa 15 milioni d'anni fa.
Il ritrovamento suggerisce che l'evoluzione dell'ornitorinco è un po' più complicata di quanto si pensasse; il Prof Mike Archer, dell'Università del New South Wales ,interpellato sulla questione, ha detto : "Questo improvviso ritrovamento indica che ci sono rami evolutivi nella famiglia degli ornitorinco di cui non sospettavamo l'esistenza. Ora sappiamo che c'erano dei rami laterali su questo albero evolutivo, di cui uno gigante, che viveva in un'epoca in cui si riteneva ci fossero degli ornitorinco di taglia notevolmente più piccola e privi di denti.




Ricostruzione del fossile di ornitorinco gigante ritrovato; si pensa misurasse circa 1 metro


Oggi tutto ciò che è stato ritrovato dell'ornitorincozilla è un dente fossile(un molare) nel letto del fiume Riversleigh nel nord-ovest del Queensland.
La presenza di sporgenze sul dente fossile, inoltre, suggerisce che la dieta di questo animale fosse composta prevalentemente da crostacei, tartarughe, rane e pesci.
Sulla base del dente fossile i ricercatori hanno stimato che la nuova specie, ribattezzata Obdurodon tharalkooschild, misurasse almeno il doppio rispetto agli odierni esemplari di ornitorinco.

La zona dove è stato ritrovato questo fossile, oggi deserta, milioni d'anni fa era ricca di vegetazione e paludi in cui, si pensa, che questo animale trascorresse le giornate cacciando negli stagni d'acqua dolce.
A causa dei pochi ritrovamenti non è facile risalire all'aspetto d'insieme di questo ornitorinco, tuttavia gli studiosi, attraverso altri fossili relativamente più recenti e rivenuti nella medesima zona, suppongono che Obdurodon tharalkooschild avesse lo stesso aspetto degli odierni ornitorinco ovvero un becco appiattito "ad anatra", zampe e pelliccia "da castoro", grandi piedi palmati e speroni velenosi.


Molare fossile ritrovato di Obdurodon tharalkooschild

Questa nuova scoperta conferma ulteriormente quanto sia importante la ricerca sul campo dei fossili in modo tale da ritrovare i tasselli mancanti dell'evoluzione di ogni animale presente al mondo. Attraverso lo studio del passato, si possono avere informazioni molto importanti riguardo il clima presente in epoche lontane ed il motivo per cui noi e gli animali odierni ci siamo evoluti in questo modo invece di avere forme, colori o strutture differenti.
La scoperta di questa specie apre un nuovo scenario di ricerca in Australia confermando che ad ogni scoperta si ottengono molte nuove ed avvincenti domande a cui tentare di rispondere.


lunedì 4 novembre 2013

Natura hot: Peni e curiosità nel mondo animale

L'evoluzione dei genitali nel mondo animale è forse uno dei taboo poco insegnati nelle scuole ma sicuramente è un aspetto dell'evoluzione molto importante poiché si evince una forte differenziazione di strutture, dimensioni e metodologie riproduttive per quello che sicuramente è il bisogno FONDAMENTALE d ogni specie animale: la propagazione del proprio corredo genetico e, quindi, della propria specie.

In questo post non mi addentrerò nelle metodologie riproduttive e nell'evoluzione di queste attraverso i vari taxa animali. Ma parlerò di alcuni curiosità basandomi su un mini sondaggio svolto tra i miei amici.
Essi, interpellati dal sottoscritto su cosa potesse interessare loro leggere nel mio blog, mi hanno detto (più o meno seriamente): "parlaci dei peni degli animali".
Per questo motivo ho deciso di parlarne, ed in particolare di soffermarmi su alcune particolarità e curiosità che penso possano interessare tutti.

AnatreI genitali delle anatre, che siano maschili o femminili, sono molto particolari e presentano un adattamento che ha fatto molto discutere i ricercatori.
Gli esemplari maschi delle anatre posseggono un pene lungo ed "arricciato" e la sua lunghezza dipende dal grado di copulazioni forzate che il maschio impone alla femmina. Esatto, avete capito bene: copulazioni forzate. Inoltre, alla base di questo pene riccioluto vi è una sorta di "scovolino" che ha il compito di ripulire la cloaca (vagina) della loro compagna dallo sperma di precedenti maschi con cui si era accoppiata
Proprio perché il maschio dell'anatra impone alla femmina la copulazione la femmina, per difendersi dal seme non desiderato, ha evoluto una struttura vaginale molto particolare, a forma di spirale attorcigliata, in modo da non permettere l'ingresso al seme indesiderato (o per lo meno a rendere il tutto più complicato).
Di conseguenza l'anatra, oltre ad una forma del pene, come precedentemente detto, allungato e riccioluto, ha la capacità di raggiungere l'erezioni in pochissime frazioni di secondo in modo da assalire la femmina nel minor tempo possibile.... dura la vita delle anatre femmine vero?
Alcuni studi affermano che sono le anatre più dotate quelle che hanno più possibilità di copulare grazie al fatto che il loro pene viene messo in mostra durante il periodo degli amori.
In alcune specie di Anatidi, tra cui oltre le anatre troviamo anche cigni e oche, il pene può raggiungere anche i 40cm, come nel "Gobbo rugginoso argentino"(Oxyura leucocephala)


Oxyura leucocephala


Qui potrete vedere l'estroflessione del pene di un'anatra, rallentata 10 volte.


                                             GATTI
Il pene del gatto è ricoperto da spine arcuate di cheratina di pochi millimetri di lunghezza. Queste spine servono per impedire la fuga della femmina durante l'atto sessuale e prima dell'eiaculazione. Nel caso il gatto femmine cercasse di liberarsi le spine lacererebbero le pareti della vagina provocando forte dolore.
Più sono grandi le spine più l'esemplare maschio  possiede ormoni maschili.


Alcuni esempi di peni di gatto da: http://www.catcollection.org/files/PenileSpines.pdf

                                            ECHIDNA
L'echidna è un buffo mammifero della famiglia dei Tachyglossidae, il quale possiede un pene di misure sproporzionate per l'animale che è provvisto di quattro terminazioni su un tronco unico, che alterna nei rapporti con l'altro sesso. Secondo alcuni etologi ha la funzione di bloccare la femmina, secernendo lo sperma prima da una parte e poi dall'altra aumentando la possibilità di fecondazione.

Echidna ed il suo pene


                                       LUMACHE
Le lumache posseggono una sorta di pene blu, lungo sottile e semitrasparente, che viene estroflesso dopo un lungo "corteggiamento" con secrezione di molta bava contenente ormoni. I peni blu delle due lumache si attorcigliano tra loro e solo questo punto viene rilasciato un liquido che feconda entrambe. (vedi foto qui sotto).
Lumache durante la fecondazione


                              CAVALLUCCI MARINI

I cavallucci marini sono molto particolari in quanto viene fecondato il maschio dalle uova. Ed il maschio, quanto saranno maturi, espellerà dal suo pene molti cavallucci marini in miniatura.
L'accoppiamento tra due cavallucci marini è occasionale ed infatti dopo tale pratica la femmina lascia il maschio e la futura prole.
Il corteggiamento ha inizio quando la femmina e il maschio graffiano il fondale marino con le loro code; poi il maschio nasconde la testa all'interno del petto e la femmina lo circonda mostrandogli i suoi colori.
Infine lo afferra con la coda e lo penetra.
Nuotano faccia a faccia, incastrati l’uno all'altra, finché lei non espelle fino a 600 uova e le scarica nel marsupio di lui, pronte per la covata.
Dopo qualche settimana il maschio espelle una moltitudine di cavallucci marini in miniatura dal suo piccolo pene.

                                MICRONECTA SCHOLTZI

Da: http://www.weirdhut.com/wp-content/uploads/2013/08/Micronecta-scholtzi.jpg
Questo piccolo insetto acquatico, lungo appena 2 millimetri, è il più rumoroso animale del globo in relazione alle sue dimensioni. Il merito di questo primato sarebbe da attribuire al suo organo genitale con cui Micronecta scholtzi emette richiami sessuali che superano i 99 decibel.
Il meccanismo che permette tale suono è stato studiato; Sembra che durante il periodo degli amori, i maschi attirino le compagne grazie ad un fortissimo stridore causato dallo sfregamento dei loro peni sui loro segmenti addominali.
La stridulazione è comune in molti animali come le cicale ed i ragni che generano rumore sfregando due parti del corpo; M. scholtzi riesce ad attuare questo suono possente sfregando una superficie non superiore ai 50 micrometri!!!! Ciò che rende unico il M.scholtzi è il fatto che usi il pene per generare questo rumore e che, in proporzione alle sue dimensioni, il suono emesso sia il più potente di tutto il regno animale a prescindere dal modo in cui è ottenuto.




Alcune curiosità:
- La BALENOTTERA AZZURRA (Balaenoptera musculus Linnaeus, 1758), possiede un pene che puà raggiungere anche 3-4 metri. Questa misura, in proporzione alle sue misure che possono raggiungere anche i 35 metri, equivale più o meno alla misura di un pene umano di 10cm.

- Molti delfini e balene hanno la capacita di controllare il loro pene modificandone lunghezza e soprattutto curvatura.

- I Koala hanno un pene biforcuto che si è evoluto in tale modo poichè le femmine hanno due vagine laterali e due uteri tra loro separati
- Al termine dell'accoppiamento Ariolimax dolichophallus (Lumache banana) strappano a morsi il pene del maschio e lo masticano. Il pene di queste lumaca priva di guscio è lungo quasi come tutto il proprio corpo. Per fare in modo che l'accoppiamento avvenga alla perfezione e senza problemi le lumache devono essere di dimensioni simili altrimenti rischiano di rimanere incastrate dopo l'accoppiamento. Se ciò accade esse mangiano il pene incastrato e, essendo ermafrodite, se entrambi i peni rimangono incastrati esse si morderanno fino a strappare il pene dell'altro individuo. Il fenomeno della masticazione del pene è detto apophallation

-  Gli elefanti
, come prevedibile, hanno un pene di notevoli dimensioni. Particolarità del loro pene è che è molto snodato e prensile per cui viene utilizzato molto spesso come appoggio nel caso in cui si debbano esporre per prendere del cibo ma anche per grattarsi in punti scomodi o per scacciare gli insetti.





- Il mollusco cefalopode "Argonauta" (Argonauta argo) ed il nudibranco Chromodoris reticulata  hanno la particolarità di eliminare il proprio pene. Il primo lo "smonta" per raggiugere così un altro esemplare della stessa specie e fecondarlo mente il secondo lo elimina dopo l'accoppiamento e se ne fa ricrescere un altro in caso di bisogno in nemmeno 24 ore.

Turbellari (o vermi vorticatori) sono animali vermiformi marini. l’apparato genitale dei turbellari è situato nella bocca; il pene, duro e appuntito, viene usato per riprodursi, per difesa, e addirittura come arma per cacciare. Essendo ermafroditi, l’atto sessuale tra turbellari prende forma di un duello in cui gli avversari-amanti si pugnalano a vicenda con il pene, finché uno dei due muore o resta incinta.
Cirripedi: questi crostacei vantano in proporzione l’apparato genitale più grande del regno animale, ossia un pene lungo otto volte il loro corpo. I Cirripedi vivono in colonie statiche, all'interno delle quali, essendo anch'essi ermafroditi, ogni membro si accoppia con ogni altro protendendo il pene fino a raggiungere il partner. Quando non c’è un partner sessuale, i cirripedi possono addirittura accoppiarsi con se stessi.

- Il pene del maiale è allungato e nella parte terminale è arricciato in modo molto simile alla sua coda. 

- I genitali maschili e femminili delle iene in erezione sono praticamente identici.

- Recenti studi affermano che il pene dei nostri antenati, prima dei Neanderthal, fosse spinoso come quello di molti animali a noi evolutivamente vicini. L'eliminazione delle spine ed il cambiamento del pene in un modello moderno (più semplice ed efficente) sono dovuti a modifiche genetiche e, probabilmente, amplificati dall'avvento della monogamia nella specie Homo.

Link di interesse:
http://www.galileonet.it/articles/4c32e2575fc52b3adf002f10
http://www.catcollection.org/files/PenileSpines.pdf 

martedì 29 ottobre 2013

Nuove specie di vertebrati trovate in Australia

In una remota regione dell'Australia settentrionale sono stati scoperte nuove specie di vertebrati con caratteristiche primitive.
La scoperta si deve a ricercatori australiani dell'università "James Cook" in collaborazione con National Geographic Society.
La spedizione, coordinata dal biologo Conrad Hoskin, lo scorso mese di Marzo si è recata in elicottero sulla catena montuosa di Cape Melville a Capo York, un complesso di roccia granitica all'estremo nord-est dell'Australia. Qui si trova una foresta pluviale incontaminata ed è proprio al suo interno che gli studiosi hanno scoperto 3 nuove specie di vertebrati sconosciute al mondo scientifico fino ad allora.
Queste nuove specie sono state classificate dai tassonomisti; esse sono: un geco dotato di grandi capacità mimetiche (Saltuarius eximius) lungo circa una ventina di centimetri e con la particolarità di una coda che termina appiattita, come fosse una foglia. Inoltre questo geco è un animale prettamente notturno con occhi globosi molto ampi.


EPA/Conrad Hoskins / James Cook Univ /LANDOV


È stata trovata anche una rana maculata (Cophixalus petrolhilus) che vive a strettamente connessa nelle fessure del complesso granitico  della catena montuosa di cape Melville; essa emerge solamente per nutrirsi e quando l'ambiente lo permette ovvero quando la stagione è più umida e piovosa.



EPA/Conrad Hoskins / James Cook Univ /LANDOV

Infine è stato individuato uno scincide, chiamato Saprocincus saltus, un rettile dal color oro e con arti molto allungati; probabilmente adatti per vivere nelle insenature di rocce e terreno.


EPA/Conrad Hoskins / James Cook Univ /LANDOV
Questi animali possiedono tutti delle caratteristiche anatomiche e biologiche estremamente interessanti dovute all'isolamento territoriale che ha permesso loro di adattarsi all'ambiente circostante in maniera autonoma e senza ibridazioni con eventuali specie affini. Tra gli adattamenti riscontrati dall'equipe di ricercatori vi è quella della rana i cui girini si sviluppano all'interno delle uova in esemplari adulti in miniatura. Le uova vengono rilasciate, nella stagione secca, all'interno del granito in zone umide in modo che possano socchiudersi in totale sicurezza.



lunedì 28 ottobre 2013

Invasione di coccinelle?

In questi giorni d'autunno insolitamente caldi, sono state molte le segnalazioni di numerose coccinelle raggruppate su muri, tensostrutture ecc ecc.
Quello che per molti si è rilevato un comportamento insolito di questi piccoli animaletti in realtà è un normale comportamento, tipico soprattutto della coccinella asiatica, 
Harmonia axyridis.
Questa coccinella ,detta comunemente "coccinella cinese" oppure "coccinella Arlecchino"è un coleottero di origine asiatica temuto per la sua pericolosità in viticoltura e  per il benessere umano.
Esso infatti nel periodo di vendemmia è solito penetrare all'interno dei grappoli per poi rilasciare la sua emolinfa. L'emolinfa di questa coccinella ha un odore sgradevole anche per l'uomo, dovuto a sostanze quali le Metossipirazine, che producono un odore di tipo "vegetale" simile a quello dei piselli e degli asparagi.

Le Harmonia axyridis furono introdotte in Europa e negli Stati Uniti per effettuare lotta biologica contro gli afidi che attaccano le piante (viti soprattutto)  ma presto se ne perse il controllo sia negli U.S.A. (primo paese ad utilizzarle) ed in seguito in Ucraina e, da lì, nel resto dell'Europa. Ora sembra che in italia siano presenti in quasi tutto il nord fino alla Toscana.

Come dicevo all'inizio, non è insolito trovare aggregati di queste coccinelle poiché esse hanno l'abitudine di riunirsi in gruppi numerosi e compatti quando ci sono gli ultimi caldi estivi e, quindi, sono costrette a trovare luoghi dove "ibernarsi" per l'inverno. Solitamente la formazione di questo aggregato di coccinelle avviene attraverso l'arrivo di una piccola parte di coccinelle che potremmo definire "pioniere"; queste, trovato un posto adeguato, si stabiliscono nella zona e attraverso il rilascio di feromoni mandano un segnale di richiamo per le altre che giungono nel luogo da esse segnalato. E così, le coccinelle giunte sul luogo scelto, a loro volta emaneranno feromoni per richiamarne altre.
Solitamente prediligono luoghi d'aggregazione caldi e luminosi, per cui non è difficile trovarle attaccate a ombrelloni, gazebo e tensostrutture di colore chiaro; possono arrivare ad esserci anche 1 milione o più di Harmonia axyridis nel nascondiglio da loro scelto per l'ibernazione che spesso è un muro o un altro materiale inerte da costruzione.

Queste coccinelle sono un problema per l'uomo sia per le invasioni che possono produrre nelle abitazioni, sia perché posseggono degli allergeni che, in soggetti sensibili, possono indurre riniti allergiche, orticarie, asma e congiuntivite. Inoltre, durante lo svernamento, queste si trasferiscono dalle piante alle abitazioni (cercando il calore), incanalandosi nei traforati, nelle fessure ed in ogni insenatura possibile.
Qui possono rilasciare la loro emolinfa che, se è all'esterno, macchia visibilmente gli edifici; se invece esse si nascondono nei mobili, queste danneggiano l'arredo ed eventualmente anche vestiti e tendaggi.

Concludendo, non bisogna sottovalutare questo coleottero perché può risultare invasivo e creare  anche problemi alla salute umana ma nemmeno allarmarsi troppo poichè nella maggior parte dei casi non si verificano invasioni massicce e pericolose.
In questi giorni si sono avute segnalazioni di aggregati di Harmonia axyridis in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Toscana. Non abbiate paura di queste insetti ma tenete monitorata la situazione nell'eventualità che si avesse una massiccia invasione la prossima estate o le successive.
Chi ha visto queste coccinelle può stare tranquillo se non ha già avuto danni in casa o sulla propria pelle; anzi, la loro massiccia presenza è un segnale che questo caldo sta per finire e, come direbbe George R.R. Martin, "winter is coming" :-D


Harmonia axyridis





PER SAPERNE DI PIU':

http://www.agrinotizie.com/articoli/news.php?id=1167#.Um6fvhAnOWM

sabato 26 ottobre 2013

Lo squalo goblin (Mitsukurina owstoni)

Un particolarissimo e curioso squalo vive nelle profondità marine; è  lo "squalo goblin" (o squalo folletto), conosciuto dai giapponesi fin dall'antichità come "Tengu-zame" e descritto per la prima volta dal mondo scientifico nel 1898 con il nome scientifico di: "Mitsukurina owstoni".
Il nome del genere (Mitsukurina) deriva da quello dello zoologo giapponese Kakichi Mitsukuri, che diede il primo esemplare conosciuto a D.Jordan per la descrizione e identificazione.
Il nome della specie (owstoni) invece viene da A.Owston, un collezionista che acquistò il primo esemplare da un pescatore giapponese.


Questo squalo è l'unico membro vivente della famiglia dei Mitsukurinidae, ed è uno squalo abissale che nuota a profondità variabili tra i 300 ed i 1400 metri e le sue abitudini in alto mare sono ancora oggi poco conosciute per la difficoltà nel seguirlo e trovarlo nell'immensità degli oceani.
Lo squalo goblin può raggiungere i 3,3 metri di lunghezza e i 159 chili di peso ma spesso sono stati rinvenuti esemplari più piccoli sui 300-400cm.



La principale caratteristica che distingue questo animale è la stranissima forma della testa; lo squalo goblin possiede un lungo rostro simile ad un becco appiattito che è molto più lungo del muso delle altre specie di squalo.
Altra particolarità di questa specie è il colore del corpo, quasi completamente rosa-grigio, e le lunghe mascelle protrusibili grazie al fatto che la mascella non è fusa al cranio ma "in sospensione" attraverso legamenti e cartilagini. Quando la mascella viene estroflessa, in realtà i legamenti si rilassano, e si contraggono in seguito per far rientrare la mascella all'interno del cranio.
La rapida espansione della mascella provoca, inoltre, una sorta di vortice che aiuta lo squalo durante la predazione.
Secondo alcuni ricercatori, l'ampiezza d'apertura della mascella dello squalo goblin e la capacità così ampia di estrofletterla, è un adattamento ad un ambiente povero di scelte per quanto riguarda le possibili prede. Un adattamento di questo tipo permette a questo squalo di nutrirsi facilmente di prede delle dimensioni più diverse; dal piccolo crostaceo al grande cefalopode.
I suoi denti anteriori sono lunghi, lisci e sottili per cui sono abbastanza fragili soprattutto se paragonati a quelli posteriori che sono tozzi. La disposizione dentale fa pensare che le sue prede siano soprattutto piccoli pesci, cefalopodi e crostacei, prede catturate e trattenute dai denti anteriori e poi frantumate da quelli posteriori.
Quando le mascelle sono retratte all'interno della bocca, lo squalo goblin ricorda uno squalo toro (Carcharias taurus) ma di colore rosa e con un naso insolitamente lungo.

La particolare colorazione rosa-grigio è dovuta non a pigmenti ma ad una pelle molto sottile ed insolita, se confrontata con gli altri squali, che lascia intravedere i capillari sotto cutanei. Questa pelle è molto sottile e molle e per questo molto delicata e facilmente soggetta a lacerazioni.
Le pinne hanno una colorazione bluastra (dovuta alla grande capillarizzazione), le pettorali sono corte e larghe, le due dorsali arrotondate e più piccole delle ventrali e della pinna anale, anche questa arrotondata.

Estroflessione della mascella da parte di Squalo goblin

Lo squalo goblin deve cacciare in un ambiente dove l'oscurità la fa da padrone per cui non è sempre semplice individuare le poche prede che si trovano in profondità. Oltre ad utilizzare i suoi sensi si può notare che, se guardiamo lo squalo goblin dall'alto, si possono individuare gli occhi sulla cima del capo. Si pensa infatti che sia in grado di alzare gli occhi verso l'alto in modo da osservare le prede sopra di lui ed utilizzare così la poca luce che passa attraverso le profondità marine. L'occhio dello squalo goblin non possiede la membrana nittitante tipica di molti squali; gli squali che non la posseggono sono, infatti, solitamente capace di muover gli occhi all'indietro (come lo squalo bianco).
Altro adattamento che utilizza per individuare la preda sono delle strutture, chiamate ampolle di Lorenzini, presenti sul rostro. Queste strutture sono degli elettro recettori altamente sensibili che lo aiutano ad individuare il campo magnetico delle prede.
La conformazione corporea e gli adattamenti di questo squali fanno pensare che solitamente si muova in prossimità dei fondali marini, con spostamenti brevi e lenti.

La maggior parte degli esemplari di Mitsukurina owstoni catturati proviene dal Giappone prevalentemente in un'area compresa tra la Baia di Tosa e la Penisola di Boso. L'areale pacifico della specie è piuttosto esteso. Esemplari di M. owstoni sono stati trovati nelle acque al largo del Sudafrica e in vari siti sparsi un po' in tutto l'Oceano Pacifico occidentale. Altri squali goblin sono stati catturati al largo delle coste di Australia e Nuova Zelanda.
Nell'Oceano Atlantico la presenza della specie è stata confermata al largo della Guiana Francese a ovest e nel Golfo di Biscaglia e al largo di Madeira e del Portogallo a est. Dall'altro lato dell'Atlantico altri esemplari sono stati catturati anche nel Golfo del Messico.
Distribuzione geografica di Mitsukurina owstoni
Della sua riproduzione non si sa nulla ma si pensa siano ovovivipari come tutti i membri dell'ordine dei Lamniformi. Sebbene non sia mai stata catturata o avvistata una femmina gravida, si presume che  le uova maturino e si schiudano all'interno del corpo della madre e i piccoli vengano partoriti vivi.

Recentemente ci si domanda come un animale così adattato alle profondità marine sia, in realtà, stato catturato molto spesso a profondità relativamente basse. Alcuni pensano sia uno squalo che vaga per le profondità alla ricerca di cibo e, quando il cibo scarseggia, si sposta verso la superficie rischiando in questo modo da essere catturato dai pescatori. Tuttavia non è considerato dalla IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), un animale a rischio estinzione poichè le sue normali abitudini abissali e le rare (e casuali) catture da parte dei pescatori, fanno pensare che non sia a rischio diretto. Infatti c'è sempre il rischio che, con il ridursi continuo e progressivo delle specie marine, lo squalo goblin possa rischiare la fame e, forse, questi primi avvistamenti in acque meno profonde possono essere un primo segnale di un declino trofico del sua areale.
Solo la ricerca scientifica ci potrà dare risposte a riguardo, nella speranza di non perdere, nel frattempo un organismo talmente affascinante e spettacolare impoverendo così i nostri mari di un altro "miracolo" della natura.



Per saperne di più:
- http://it.wikipedia.org/wiki/Mitsukurina_owstoni
- http://oubliettemagazine.com/2013/06/29/lincredibile-squalo-goblin-il-corpo-e-rosa-e-ricorda-una-sagoma-di-cartapesta/
- http://www.prionace.it/squalogoblin.htm#Nota%201