lunedì 3 febbraio 2014

Specie e razza. Piccolo riassunto storico.

Il termine specie deriva dal latino "species" e significa "tipo", per cui in prima istanza possiamo dire che la specie indica i differenti "tipi" di organismi biologici.
Nel corso dei secoli la parola "specie" ha cambiato più volte di significato, ed è stato utilizzato nei modi più differenti.; ancora oggi non esiste una definizione universalmente accettata di specie.

Il primo studioso che utilizzò la parola specie, insieme a quella di genere, fu Aristotele il quale si riferiva con il termine di genere alle "comunità più elevate" mentre col termine di specie indicava le loro unità componenti.

In seguito, ai tempi di Carl Nilsson Linnaeus (1707-1778) la specie venne intesa come un gruppo di individui simili e separati da altri individui da una netta discontinuità.
Questo concetto basato sull'aspetto (concetto morfologico di specie), fu il primo tentativo di successo di questo termine che, nonostante le evidenti limitazioni, anche di carattere soggettivo, permetteva di classificare arbitrariamente gli organismi.

Il successo del concetto morfologico di specie fu favorito anche dalla classificazione binomiale introdotta da Linneo (Carl Nilsson Linnaeus) ed ancora oggi utilizzata.

La definizione di specie può avere un origine tipologica, morfologica e biologica.
Come origine tipologica della definizione di specie, s'intende l'insieme di individui riconducibili ad un modello morfologico ben definito e fondato sulle caratteristiche desunte da un individuo che è considerato l'istitutore della specie.

L'origine morfologica della specie, invece, corrisponde ad un modello morfologico (morfospecie) che tiene conto della variabilità intraspecifica desunta dall'esame del maggior numero possibile di individui anche provenienti da diversi luoghi.

L'origine biologica, invece, è definita sulla base dell'isolamento riproduttivo degli individui di una determinata popolazione; in questo caso sono state proposte tre differenti versioni della definizione:
Insieme di individui simili derivanti da una successione ininterrotta e continua di generazioni;
Gruppo di popolazioni naturali effettivamente o potenzialmente capaci di riprodursi per incrocio;
La più ampia e comprensiva comunità di individui sessuali e fertili negli incroci, aventi lo stesso pool genico.

La razza
L'origine della parola "razza" sembra derivare dal francese medioevale "haràz, haràs che significava "allevamento di cavalli" in particolare di stalloni selezionati.
Normalmente è uso utilizzare la parola razza come una coorte (termine che indica un livello di classificazione scientifica degli organismi viventi, oggi obsoleto) di popolazioni locali, che abitano differenti zone dell'area geografica di distribuzione di una specie e che differiscono tra loro per una o più caratteristiche.
Secondo alcuni, invece, indica una varietà locale fissata geneticamente, e derivante da una specie d'origine da cui differisce per cause ambientali o artificiali (es: intervento umano nella selezione dei caratteri d'interesse).
Oggi col termine razza si tende a definire gruppi di animali o piante selezionate "meccanicamente" dall'uomo per ottenere caratteri fenotipici (ovvero l'aspetto di un organismo) di un qualche interesse antropico come produrre frutta e verdura più grandi o più resistenti ai pesticidi oppure, semplicemente, incrociare animali per ottenere caratteristiche volute (un bue più forte, un cavallo più veloce, un gatto dal pelo molto folto ecc ecc...).

Razze e uomo
Il primo tentativo di classificazione della popolazione umana, basato sul colore della pelle, fu probabilmente opera degli antichi egizi di cui si trovarono alcuni ritrovamenti archeologici, come ad esempio una stele nel sud dell'Egitto e risalente al XIX secolo a.C, che testimoniarono queste distinzioni razziali.
Questa stele, infatti, avvisava le persone con color della pelle nera di non oltrepassare il confine, con la sola eccezione di chi volesse commerciare con il regno.
Qui di seguito la traduzione della stele:



"Frontiera Sud. Questo confine è stato posto nell'anno VIII del Regno di Sesostris III, Re dell'Alto e Basso Egitto, che vive da sempre e per l'eternità. L'attraversamento di questa frontiera via terra o via fiume, in barca o con mandrie, è proibito a qualsiasi nero, con la sola eccezione di coloro che desiderano oltrepassarla per vendere o acquistare in qualche magazzino"

Il greco Erodoto (V secolo a. C.) descrisse meticolosamente un gran numero di popoli con grande attenzione per i costumi e l'aspetto fisico.
Anche gli antichi Greci e Romani facevano riferimento al colore della pelle per distinguere le diverse tipologie di umani.
I greci disprezzavano qualunque straniero e li chiamavano "barbari", cioè balbettanti, perché non sapevano parlare il greco.
Mentre possiamo far risalire ad Aristotele le prime classificazione tassonomiche (IV secolo a.C.), fu il naturalista Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) a dare una prima spiegazione delle differenze fisiche tra gli africani e gli europei supponendo che queste differenze fossero una conseguenza diretta del clima.
Un maggior contributo in questo campo, si ebbe nel Settecento, quando era fiorente l'interesse per la classificazione di animali e piante e furono accumulate sufficienti conoscenze geografiche.
Fu in questo periodo che comparvero molte pubblicazioni ed elenchi di razze o varietà ad opera di persone come Linneo (= Carl Nilsson Linnaeus, 1707-1778) o dell'anatomista J.F. Blumenbach (1752-1840).
Linneo fu il primo a classificare l'uomo all'interno della specie Homo sapiens e dopo qualche anno da questa prima classificazione suddivise il genere Homo in:

  • Homo americanus 
  • Homo europeus 
  • Homo asiaticum 
  • Homo afer 


Accompagnando ogni partizione con caratteristiche identificative del gruppo.
Fu Blumbenbach, invece, il primo a classificare le varie razze umane in base al colore della pelle. Egli affermò che la specie umana è una sola, suddivisa in cinque varietà:

  • Caucasica (bianca) 
  • Mongolica (gialla) 
  • Etiopica (comprendente tutti gli africani, nera) 
  • Americana 
  • Malese (abitanti delle isole del sud Est asiatico e della parte di Oceania allora conosciuta) 

Blumbenbach riteneva che il colore originario della specie umana fosse il bianco e gli altri fossero delle varianti.
All’inizio dell’Ottocento, furono suggeriti altri sistemi per distinguere le razze umane.
L’anatomista svedese Anders Retzius (1796-1860), Si discostò dal criterio del colore della pelle, che riteneva insoddisfacente per la classificazione delle razze, ed introdusse l’indice cefalico, ovvero il rapporto tra la larghezza e la lunghezza del cranio.
Questo indice ebbe un enorme successo nell’antropologia fisica, perchè era molto semplice effettuare queste misurazioni sia in individui viventi e non (crani fossili).
Inoltre sembrava un metodo molto preciso ma, dopo la seconda guerra mondiale, ne furono riconosciute la bassa ereditarietà e la sensibilità agli effetti ambientali a breve termine, dimostrando che questo indice non era preciso come si pensasse.
Fu verso la metà del diciannovesimo secolo che le teorie relative alla superiorità ed inferiorità di alcune razze rispetto ad altre trovarono la loro espressione sistemica dividendosi in due correnti di pensiero:

  • Si tentò, in primis, di giustificare su un piano scientifico l’istituzione della schiavitù dei "negri" da parte degli Americani seguiti, in Inghilterra, dai sostenitori del movimento anti-abolizionista, tra cui il suo stesso promotore James Hunt
  • Successivamente, in Europa, comparvero le opere del conte Gobineau in Francia e di H. S. Chamberlain in Germania.
Il conte Joseph Arthur Gobineau, nel suo Saggio sull'ineguaglianza delle razze umane (1853–1855) espose l’idea che la razza superiore fosse rappresentata dai tedeschi, che riteneva essere i discendenti più puri di un popolo mitico, gli ariani. Cercando la causa della decadenza delle civiltà, riteneva di averla individuata nelle mescolanze etniche, che avrebbero ridotto la vitalità della razza aumentandone la corruzione.

Negli U.S.A, l’abolizione della schiavitù fece scomparire le ideologie dei primi teorici della razza sia americani che inglesi, ma in Europa le tesi razziste di Gobineau e altri, nonostante prive di qualsiasi fondamento, riscossero un grande successo, soprattutto in Germania, dove divennero un caposaldo dell’ideologia nazista e una delle cause principali dell'olocausto della II Guerra Mondiale.
Fu in questo periodo che venne coniato il termine razzismo per indicare l’utilizzazione del concetto di razza per fini politici.

Lo sviluppo dell'idea di razzismo, trova la sua massima espressione nel XX secolo, con la combinazione di fattori quali il colonialismo, l'urbanizzazione, le spinte nazionalistiche e, soprattutto, con lo sviluppo scientifico e medico.
Infatti, si fanno sempre più frequenti i tentativi di trovare appigli scientifici in discipline come l'antropologia e la biologia che possano affermare l'origine genetica delle differenze razziali, al puro scopo di rendere la propaganda nazista ancora più potente ed in un certo qual modo giustificata.
Il mondo scientifico fu così fortemente coinvolto in questa ossessionante ricerca di giustificazioni scientifiche; alcuni furono coinvolti consapevolmente, poiché appoggiavano le ideologie naziste, altri invece, in modo del tutto inconsapevole, videro i loro lavori di ricerca manipolati al punto di diventare determinanti per l'ascesa e l'affermazione del pensiero razzista (darwinismo sociale ed eugenetica).
Le varie teorie, prese in esame e manipolate ad arte dal regime, trovarono anche forte appoggio per la creazione dello stereotipo razziale non solo dal punto di vista scientifico (concetto di razza, di specie superiore...) ma anche grazie ad una sempre maggiore distinzione del genere umano in altri ambiti, in particolare la filologia e la linguistica.
Oggi, il concetto di razza è ormai decisamente superato a causa della sua indefinibilità. Purtroppo ne rimane traccia nel linguaggio comune, retaggio di un passato nero dell'umanità.

Charles Darwin
(1809-1882)

Darwin ne "l'origine dell'uomo e la scelta in rapporto al sesso" (1871), enumerò le argomentazioni del suo tempo inerenti l'interfertilità completa (ovvero ogni essere umano può creare prole fertile con qualunque individuo appartenente a qualunque "razza").
Sfidando le credenze del suo tempo, Darwin concluse che la specie umana è probabilmente una sola, dal momento che "ogni razza confluisce gradualmente nell'altra" e che le "razze umane non sono abbastanza distinte tra loro da abitare la stessa regione geografica senza fondersi; e l'assenza di fusione offre la prova usuale e migliore della distinzione tra specie."
Darwin giustificava i problemi di classificazione, che alcuni gli fecero notare, citando dodici autori nessuno dei quali concordava sul numero di razze esistenti (variavano da 2 a 63); questo disaccordo, per Darwin, era una prova ulteriore della difficoltà sullo scoprire caratteri distintivi chiari di separazione tra le razze, poiché esse confluiscono gradualmente l'una nell'altra.
Per quanto riguarda l'origine di questa variabilità, Darwin asseriva che "non si possono spiegare in modo soddisfacente le differenze dei caratteri esteriori tra razze umane imputandole all'azione diretta delle condizioni di vita; le differenze tra le razze umane come il colore della pelle e la fisionomia sono di tipo tale che si sarebbe potuto aspettare sopravvenissero per influenza della selezione sessuale"

Franz Boas
(1858-1942)
Fu un antropologo americano tra i primi a mettere in dubbio la stabilità evolutiva delle variazioni fenotipiche quantitative e la maggior parte dei caratteri antropometrici, opponendosi in modo coraggioso al razzismo sia popolare che scientifico del suo tempo.
Egli è stato un pioniere nell'utilizzare un approccio scientifico negli studi antropologici. Inoltre, grazie alle sue ricerche, evidenziò la necessità di studiare, delle diverse popolazioni, la cultura sotto ogni suo aspetto, inclusa la religione, l'arte ed il linguaggio allo stesso modo delle caratteristiche fisiche, introducendo in questo modo un metodo che ancora oggi viene utilizzato.
Con i suoi studi giunse alla conclusione che non esiste una razza pura e che nessuna razza è superiore ad un'altra.


"Troppi studi sulle caratteristiche psichiche delle razze si basano prima di tutto sulla presunta superiorità del tipo razziale europeo e poi sull'interpretazione di ogni deviazione da questo come segno di inferiorità mentale. Quando il prognatismo dei negri viene interpretato in tal senso, senza che si sia provata una connessione biologica tra la forma delle mascelle e il funzionamento del sistema nervoso, si commette un errore paragonabile a quello di un cinese che descrivesse gli europei come mostri irsuti, il cui corpo villoso è una prova di inferiorità. Questo è un ragionamento di tipo emotivo, non scientifico."


" … Ciò nonostante , si tende a dare una base biologica a classificazioni cui si è giunti in maniera del tutto irrazionale …"


Il libro "L’uomo Primitivo" di Franz Boas può essere considerato il suo libro più popolare. Dal momento della sua comparsa divenne bersaglio preferito dei sostenitori della tesi della superiorità razziale (fu uno dei volumi che i nazisti diedero alle fiamme il 10 maggio 1943); in successive pubblicazioni che tenevano conto dei risultati delle ricerche svolte nel frattempo venne aggiornato ed i risultati definitivi confermarono le conclusioni iniziali, ovvero che non esistono correlazioni fisiche o mentali che rendano una determinata razza superiore ad un altra.


"… abbiamo dimostrato che la forma corporea non può essere stabile in senso assoluto e che le funzioni fisiologiche, mentali e sociali, dipendendo dalle condizioni esterne, sono assai variabili, tanto da non sembrare plausibile un’intima relazione tra razza e cultura."


"Non c’è alcuna differenza fondamentale tra il modo di pensare dell’uomo primitivo e quello dell’uomo civile. Né s’è mai potuto accertare uno stretto rapporto tra razza e personalità. Il concetto di tipo razziale quale si ritrova comunemente anche nella letteratura scientifica è fuorviante e richiede una nuova definizione sia logica che biologica".

La tesi iniziale di Boas fu geniale e si basava sul fatto che razza, linguaggio e cultura sono da considerarsi come delle variabili indipendenti, ovvero ad una stessa razza può corrispondere una o l'alta lingua o una o l'altra cultura.

Nonostante fosse diffuso, tra gli antropologi, il rifiuto di accettare un'interpretazione razziale della storia, questi non costituivano un gruppo compatto, né uniformi erano i loro tentativi di correggere tali aberrazioni scientifiche.
Le loro ricerche non consideravano le implicazioni socio politiche della dottrina che rifiutavano e non potevano appoggiarsi ad altri lavori poiché non vi erano rigorosi studi scientifici da cui poter trarre conclusioni da un'analisi misurata, seria ed oggettiva.
È stato necessario, quindi, attendere che il campo della genetica si sviluppasse sulla base delle leggi di Mendel, al punto da porre il problema dell'evoluzione in termini di geni, cromosomi e mutazioni (a partire dal 190-1930).

Uno dei pionieri in questo campo fu Ludwick Hirszfeld (1884-1954), nato a Varsavia e professore di microbiologia e immunologia. Fu inoltre sierologo di fama mondiale co-Organizzatore dell'accademia Polacca delle scienze.
Durante la 1° Guerra Mondiale, fu medico al seguito dell'esercito serbo. In questa occasione aveva avuto modo di verificare, mediante test sierologici, che la distribuzione dei tipi sanguigni A e B variava in modo significativo tra soldati di diversa provenienza etnica e propose un indice biochimico per distinguere le popolazioni sulla base di questi antigeni.

Per primo riconobbe che la chiave per ricostruire una storia biologica dei popoli e degli individui andava ricercata non nel confronto di tratti fisici, chiaramente influenzati dall'ambiente esterno, ma in sottili variazioni chimiche presenti nelle cellule e trasmesse alla progenie secondo rigorose leggi ereditarie.

Nel 1941, Ludwick Hirszfeld fu rinchiuso nel ghetto di Versavia assieme ad altri 400000 ebrei e lì prestò servizio come medico, organizzando, in condizioni sanitarie terribili, la prevenzione e la cura delle malattie infettive.
Nonostante ciò, migliaia di persone furono deportate, morirono di epidemie, di freddo e di fame e fu anche grazie ai suoi diari se oggi sappiamo qualcosa in più su quel terribile periodo della nostra storia.

A partire dagli anni '30, l'immunologo americano W. Boyd utilizzò le informazioni relative alle frequenze geniche del sistema ABO e degli altri gruppi sanguigni allora conosciuti (MN e P) per ricostruire la storia evolutiva della specie umana e la differenziazione delle razze.
Boyd e altri cominciarono anche a studiare gli antigeni ABO nelle mummie anche se queste ricerche incontrarono molti ostacoli e critiche a causa della possibilità di contaminazione con antigeni batterici simili e della possibile distruzione degli antigeni ABO da parte di enzimi batterici.

Il contributo di R.A.Fischer (1890-1962) allo studio teorico della struttura del sistema rh, scoperto nel 1940, e delle sue applicazione in campo evoluzionistico fu di grande stimolo per le ricerche sui gruppi sanguigni in Gran Bretagna.
Grazie al grande studioso dell'evoluzione umana mediante analisi di marcatori genetici, Arthur Mourant (1904-1994), si migliorò notevolmente la ricerca in campo della genetica di popolazioni; grazie alla sua esperienza di ematologia genetica, egli poté caratterizzare molti gruppi etnici interessanti e pubblicò, nel 1954, la prima tabulazione moderna di dati di frequenze geniche fornendone un'interpretazione evolutiva.


Luca Cavalli - Sforza
Il lavoro di Luca Cavalli - Sforza, s'inserisce in questa tipologia di ricerche.
Lavorò direttamente con Fischer, ed oggi è considerato il massimo esperto mondiale sullo studio della diversità genetica delle popolazioni e su quanto essa ci può dire sull'albero filogenetico dell'umanità.
L'originalità dei suoi studi va ricercata nel suo approccio interdisciplinare allo studio della storia dell'uomo, secondo cui la conoscenza sia dei meccanismi genetici, sia di quelli culturali, ed in special modo linguistici, consente di fornire spiegazioni convincenti dell'evoluzione del genere umano.
Egli ha utilizzato la convergenza di dati genetici, studiando il genoma di un gran numero di gruppi etnici diversi e più di cento differenti alleli, e dati acquisiti da altre scienze (archeologia, linguistica, antropologia, storia, demografia e statistica) per ricostruire un albero completo della discendenza dei popoli, nel quale geni e linguaggi vanno di pari passo, fornendo in modo evidente la prova della "co-evoluzione" genetica e culturale e riuscendo a liberare da presupposti erronei la controversa nozione di razza.

Il suo immenso lavoro si concretizzo nel 1994 in "Storia e geografia dei geni umani" (The History and Geography of human genes), la sua pubblicazione più famosa, che riporta il percorso scientifico da egli compiuto per inseguire il sogno di individuare il luogo di origine della specie umana e ricostruire le vie attraverso le quali questa ha successivamente popolato l'intero mondo.

Oggi, il concetto di razza nel mondo scientifico è confinato in ambito zootecnico ovvero quando si parla di incroci realizzati dall'uomo per determinati scopi.
Nonostante la quasi totale scomparsa dal mondo scientifico di tale definizione non bisogna abbassare la guardia anzi, è necessario divulgare i concetti scientifici a chi non è solito vivere di scienza in modo da ridurre al minimo l'ignoranza che potrebbe essere terreno fertile per chi vuole manipolare le persone a proprio vantaggio.
Solo conoscendo ed informandoci possiamo combattere il razzismo che rimane latente nella nostra società, nascondendosi nell'ignoranza e in quelle persone che vedono in questo concetto populista e falso, la possibilità di un terreno fertile di propaganda per il proprio tornaconto personale.
Sapere è potere, ricordiamolo SEMPRE!






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